Da più di trent’anni la Mediazione Familiare è presente in Italia come strumento di risoluzione alternativa delle dispute. Un modo “altro” per organizzare la propria trasformazione familiare finalizzato a ridurre il tenore del conflitto e a sostenere i genitori nella ricerca condivisa di accordi e intese. La sua missione di fondo è riassumibile nell’idea di lavorare per portare in salvo il destino della genitorialità nonostante lo scioglimento del legame di coppia a qualsiasi titolo costituito.
Nello specifico, la mediazione è un percorso riservato ai genitori, prima durante o dopo la separazione/divorzio, in grado di restituire le competenze necessarie per continuare a essere genitori nonostante la crisi coniugale. Fondato sull’idea che non sempre la separazione deve esser “trattata” alla stregua di una patologia o di un procedimento puramente tribunalizio, è un intervento protetto dal segreto professionale, autonomo dall’iter giudiziario e basato sulla motivazione dei genitori a lavorare per la risoluzione del conflitto familiare in atto.
Un percorso, dunque, che tenta di governare il conflitto nella sua fase acuta con la convinzione che, se aiutati, i genitori possano occuparsi della propria vicenda nonostante il dolore, la rabbia, la fatica.
In mediazione si lavora con l’intento di potenziare le risorse residue dei genitori stessi, mantenendo al centro i figli e riducendo gli effetti dannosi del conflitto su di loro.
Il focus costante dell’intervento è:
- la riduzione della conflittualità genitoriale
- la progettazione condivisa della riorganizzazione familiare
- il raggiungimento parziale o completo di intese e accordi
- la tutela e la salvaguardia dei legami affettivi tra genitori e figli nel rispetto dei loro bisogni.
Inoltre, la mediazione di per sé possiede un potenziale di crescita e di trasformazione individuale capace di traghettare gli adulti oltre il senso di fallimento e di perdita o l’irrigidimento disfunzionale di conflitti a danno dei figli. Attraverso un contesto critico e riflessivo è in grado di mettere i genitori e le famiglie nella condizione di affrontare un cambiamento e re-investire nel proprio ruolo anziché sottrarsi, aggredire o negare parti di sé (e dei figli). Questo beneficio si diffonde anche a livello sociale poiché chi sperimenta una simile trasformazione nella stanza di mediazione familiare finisce per trasportarla anche fuori, nel mondo, a sostegno di una cultura civica maggiormente cooperativa, dialogante, inclusiva e “aperta” ad accogliere la crisi non come un fatto violento e disperante ma come una faticosa (e preziosa) opportunità di crescita e cambiamento.