di Riccardo Pardini*
Il racconto di una famiglia che si trasforma.
Quando i genitori si separano quali parole per dirlo ai figli?
Per chi come me si occupa di sostenere i genitori alle prese con le trasformazioni familiari, esistono quesiti ricorrenti ai quali non possiamo sottrarci poiché sono gli stessi genitori a consegnarceli, con fatica e senso di responsabilità, mentre sediamo insieme ragionando ipotesi fruttuose orientate ad attraversare il guado della crisi familiare.
Ancor prima di riflettere su quali possano essere le parole più adatte per parlare ai figli della separazione è utile soffermarsi sulle condizioni iniziali, sulle premesse. Sulle questioni imprescindibili che fungono da bussola per la costruzione condivisa delle risposte più adatte e adeguate ai quesiti dei bambini. Ad esempio, dovremmo tenere a mente che il nostro obiettivo è quello di accompagnare la trasformazione familiare preservando la continuità e la cura dei legami affettivi, il rispetto dei diritti e il destino della genitorialità. Dovremmo anche ricordare che il nostro compito è di rispondere ai bambini con onestà e chiarezza. Rispondere anche nel senso di “far sponda”, sostenere in piena responsabilità un passaggio certamente faticoso ma anche possibile.
Quando con madri e padri iniziamo a lavorare su questo tema, il primo elemento che trovo utile esplorare insieme è legato alla condivisione di cosa siano “esperti” i loro figli. Che cosa conoscono bene e cosa potrebbe aiutarci a costruire un discorso chiaro, onesto e condiviso, magari ben sostenuto da una metafora per loro comprensibile. Un’immagine che rappresenti l’obiettivo condiviso per affrontare il paradosso rappresentato dal tener ben collegate da un lato la separazione (lo stare a distanza) dall’altro la continuità dell’esser genitori (la vicinanza).
Quando si stratta di bambini, la risposta sulla quale più spesso concordiamo, è che siano i massimi esperti in favole e fiabe. Ci sono bambini esperti in principi e principesse, in squadre ben assortite di super eroi, di animali fantastici e di mestieri affascinanti.
Questa loro appassionata “specializzazione” può aiutarci a costruire, con chiarezza e semplicità, un’immagine utile a rappresentare che “non tutti i principi e le principesse del mondo vivono nello stesso castello” o ad esempio “non tutti gli animali della foresta condividono la stessa tana” pur impegnandosi a garanzia della cura, del sostegno e della protezione dei propri cuccioli o dei bambini del regno. Con i nostri figli dobbiamo esser onesti, chiari, e utilizzare parole semplici.
Perché sono bravissimi a intercettare sia le nostre emozioni sia quegli imbrogli pasticciati, anche se a fin di bene, che rischiano di minare la fiducia nei nostri confronti.
Nonostante il conflitto renda tutto più difficile, più complicato, moltissimi genitori si dedicano a questo compito con fiducia e desiderio.
Un’accortezza importante: non possiamo impadronirci di certe fantastiche storie trasformandole d’ufficio o modificandole perché potrebbero servirci. Dobbiamo essere molto rispettosi e delicati perché quelle fantasie fatte di castelli, draghi, galassie, superpoteri, scienziati e animali parlanti sono di loro proprietà; sono una componente preziosa del loro modo di pensare e di guardare al mondo.
Il dilemma del porcospino
In questo caso, potrebbe esserci utile cercare qualcosa che ci agevoli il compito pescando nell’eredità che alcuni grandi pensatori hanno lasciato all’umanità, nel tentativo d’aiutarci a interpretare la vita e l’esperienza. Tra queste ce n’è una particolarmente evocativa che non di rado diventa la base, l’esempio, al quale (se necessario) possiamo ancorarci. Fin dalle origini, l’umanità ha dovuto far fronte all’esperienza della fine di una relazione d’amore o d’affetto. Ha dovuto confrontarsi con le fatiche della separazione.
Arthur Schopenhauer ci aiuta a leggere quest’evento attraverso una parabola contenuta nella sua raccolta di pensieri chiamata Parerga e paralipomena, conosciuta come il dilemma del porcospino.
“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini per proteggersi col calore reciproco dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”.
La questione che questi porcospini devono risolvere rappresenta un esempio illustre che, parafrasato e ricondotto a parole semplici e comprensibili, potrebbe aiutarci. Per esempio per spiegare che non tutti riescono a star troppo vicini per lungo tempo. Capita di dover negoziare una nuova giusta distanza che ci consenta di star meglio, più sereni e meno arrabbiati, senza rischiare che qualcuno si allontani troppo, si perda o scompaia.
Nella separazione dobbiamo raccontare ai nostri figli che qualcosa cambierà ma anche che quel che resta noi glielo garantiremo. Come la possibilità di continuare ad avere dei genitori che si prendono cura di loro. Nonostante gli aculei pungenti della crisi; nonostante una vicinanza che, non riuscendo più a garantire la giusta serenità ai protagonisti, diventa una moderata distanza, un nuovo modo di guardare al futuro come genitori.
* Riccardo Pardini, Pedagogista, Mediatore Familiare, Didatta e Formatore.
Professionista e Didatta Accreditato S.I.Me.F. (Società Italiana di Mediatori Familiari).
Supervisore e Referente Servizio di Mediazione Familiare CTIF Milano.